Link interessanti #18
Questa rubrica esce settimanalmente il giovedì alle 19 tranne quando ho bisogno di più tempo per raccogliere consigli interessanti o voglio prendermi più tempo per scriverla, però almeno so che quando esce è perché ci sono bei consigli. Quindi eccoci qui con delle belle chicche.
Una buona parte dell’articolo è dedicato a Squid Game ma senza spoiler, l’unico spoiler è in fondo e ve lo segnalo scrivendovi “in questo paragrafo c’è uno spoiler”.
Iniziamo:
L’hai vista la nuova stagione di Squid Game?
Se non l’hai ancora vista e hai bisogno di un po’ di convincimento sappi che la serie si può ridurre a una metafora della nostra società contemporanea capitalista ed è la serie più vista nella storia di Netflix.
Io la nuova stagione l’ho vista con GwangMin mentre eravamo in Corea e ci è piaciuta molto. Sappiamo tutti che la seconda stagione di una qualsiasi serie tv, è sempre meno bella della prima perché manca l’elemento sorpresa ma la stagione 2 di Squid Game si conferma avvincente e imprevedibile.
Volevo prepararvi un bell’elenco di curiosità da sapere su Squid Game, perché ci sono tante cose interessanti da sapere, e avevo iniziato una lista su una nota del mio telefono per poi condividerla qui.. ma il profilo Instagram Thats Fab mi ha battuto sui tempi e quindi vi rimando direttamente al loro post:
Penso che scioccherà anche a voi sapere che in Corea del Sud sono esistiti dei campi di concentramento tra il 1970 e 1980 dove venivano mandate persone in difficoltà economiche (ma anche avversari politici e persone discriminate) per “correggerli” e re-inserirli nella società solo che in verità venivano torturate e alcune volte uccise, questi luoghi venivano chiamati “Brothers Home” (형제복지원).
All’interno di questi campi veniva assegnato un numero identificativo ad ogni persona (come in Squid Game), una tuta blu da indossare come uniforme (come in SG), i letti erano a castello e la violenza era di casa, per questo nel post di Thats Fab associano Squid Game a questo campo di concentramento.
Eppure.. anche se ci sono molti altri elementi in comune con Squid Game, l’ideatore della serie (Hwang Dong-Hyuk) non ha mai dichiarato di aver preso ispirazione di questo capitolo buio della storia del suo paese e ancora più importante, le foto che circolano online di quelli che vengono spacciati come gli edifici di questo Brothers Home.. non sono reali. Una foto reale è quella qui sopra (e infatti ho specificato la fonte), quella usata dal post di Thats Fab è stata generata con l’AI.
Se come a me ti interessa invece sapere le fonti di ispirazione di menti incredibili, come Hwang Dong-Hyuk, sappi che ha dichiarato di aver preso ispirazione da Battle Royale (che non ho ancora letto, ma ora è in lista) un giallo thriller cult di uno scrittore giapponese pubblicato nel 1999 (se lo avete letto o se avete visto il film, me lo scrivete nei commenti? Sarei curiosa di sapere se vi è piaciuto, se lo consigliate..).

Per chi poi ha visto Squid Game, avrà forse notato che le scene delle scale sono un riferimento alle opere di Escher.
GwangMin invece mi ha raccontato un milione di dettagli che io non avevo colto e che riguardavano dei giochi da bambini a cui i personaggi devono partecipare (mi cantava proprio le canzoni e mi raccontava a quali lui stesso ha giocato con sua sorella) ma anche a informazioni sui vari attori che io non conoscevo o di cui sapevo poco.
Per esempio l’attore che interpreta Thanos, quello con i capelli blu e che ha il ruolo un po’ del folle, in Europa è stato apprezzato molto e paragonato a Joker mentre in Corea non ha ricevuto lo stesso apprezzamento perché nella vita reale è un rapper che ha ricevuto accuse di utilizzo di sostanze illegali e quindi è molto mal visto dal pubblico.
Infine altre due cose belle da condividere su Squid Game:
Lo sapevi che Netflix ha un blog dove pubblica molti dietro le quinte dei suoi show? Tra i vari articoli uno molto fun è questo qui sulla serie.
[In questo paragrafo c’è uno spoiler] Una delle cose belle dei video-analisi sulle serie (ma anche sui film) sono i dettagli che il regista si inventa per raccontare un personaggio. Nell’esempio di Squid Game season 2 c’è Front Man (il cattivo, il numero 001 per intenderci) che in tutte le scene in cui interpreta se stesso è mancino ma quando entra nel gioco e si finge un alleato.. utilizza la mano destra per biocottare i “buoni”.
Un’altra serie stupenda che ho visto durante le vacanze invernali è Maid. La protagonista è interpretata da Margaret Qualley (co-protagonista nel film The Substance) e racconta la storia di una ventenne che scappa dalla casa dove convive con il partner, in quanto vittima di violenza domestica, portando con sé la figlia, e cerca di ricrearsi una vita tra molte difficoltà (l’indipendenza economica, le questioni legali della custodia di una minore..). La serie mi ha colpito perché per quanto possa essere romanzata, i fatti li percepivo molto reali (i conti che si fa in tasca quando deve comprare da mangiare), gli intoppi, le difficoltà burocratiche.. Inoltre ho trovato proprio costruito bene il rapporto tra la protagonista e la sua di mamma, un rapporto complicato e conflittuale.
Infine la vera chicca è che la nostra eroina, non è così perfetta come potrebbe sembrare e durante la serie capita che altri personaggi le facciano un reality check e la portano con i piedi per terra se compie delle azioni scorrette. In una serie più romanzata alle quali almeno io sono abituata, probabilmente la protagonista l’avrebbe scampata ad alcune sue bravate, mentre qui paga sempre il conto, come nella vita reale.
Maid è disponibile su Netflix.

Mentre ero sul mio volo di 11 ore dall’Italia alla Corea a dicembre, mi sono letta Atti umani di Han Kang, scrittrice sud coreana che pochi mesi fa ha vinto il Premio Nobel per la letteratura. Il libro è ambientato nel 1980 a GwangJu, città di origine dell’autrice, che è stata realmente il luogo dove si è tenuto uno storico massacro di civili condotto dallo stesso esercito coreano. Fu una vicenda terribile, 10 giorni di omicidi e torture di civili sudcoreani inclusi studenti, bambini, donne e anziani.
Han Kang nel libro racconta l’accaduto attraverso gli occhi di varie persone (uno studente, una redattrice, una persona morta che osserva il suo corpo dall’alto..).
E’ un libro cupo, quindi da leggere solo se vi interessa veramente.
Mentre ero in Corea la settimana scorsa sono andata proprio nella città GwangJu perché il caso vuole che GwangMin sia nato proprio lì e i suoi genitori vivano ancora lì e quindi siamo andati a trovarli. Ho passato un’oretta nell’archivio del memoriale del 18 maggio 1980 che è patrimonio dell’Unesco. Siccome poi GwangMin è un amore, mi aveva organizzato una visita guidata con una guida coreana che parlava inglese, quindi ho potuto vedere dal vivo i reperti e le testimonianze mentre mi venivano raccontate. L’ho condiviso nelle mie stories su Instagram e l’ho salvato nei contenuti in evidenza “Jeju 2024” se vi interessa recuperarle.
Grazie per essere arrivata fino a qui!
Se hai dei commenti mi farebbe piacere leggerli quindi fatti sentire :)